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Riva Barbaran

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PREMESSA  
Nel 1853, quando il Commodoro Americano Matthew Perry entrò con la sua nave nel porto di Tokyo, aprì l’allora sconosciuto Impero del Giappone al resto del mondo. Questo evento ebbe un importante effetto sulla civiltà occidentale, specialmente in campo artistico. Il termine Japonisme fu coniato in Francia dove la predilezione per le forme d’arte giapponese fu subito evidente, influenzando Impressionismo, Simbolismo, Post-Impressionismo, e in seguito il Liberty. Tutti stili che riflettevano aspetti dell’arte giapponese adattandoli a quelli occidentali.
In America, una delle pioniere del Japonisme era un’artista dello Iowa dai capelli rossi e dagli occhi verdi, Bertha Lum. Nata 16 anni dopo l’ingresso di Perry a Tokyo, fu fin dalla giovinezza profondamente ispirata dall’arte asiatica, in particolar modo dai lavori dei Maestri giapponesi Hokusai (1760-1849) e Hiroshige (1797-1858). Maestri che insegnanti come Arthur Wesley Dow (1857-1922) inclusero nell’educazione artistica degli Stati Uniti, influenzando generazioni di altri artisti come Bertha.  

I PRIMI ANNI
Bertha Boynton Lum, la prima di quattro figli, nasce a Tipton, Iowa (USA), nel maggio del 1869. Suo padre, un avvocato, e sua madre erano sonoi artisti dilettanti. Probabilmente Bertha viene a conoscenza dell’arte orientale dalle riviste che trova a casa tra le quali sicuramente The Art Journal, The American Art Review, Magazine of Art e Arte Amateur.
Durante la sua fanciullezza, il Japonisme sta cominciando a catturare l’immaginazione dell’intero mondo dell’arte occidentale. L’arte giapponese aveva ottenuto un’accoglienza entusiasta alle Mostre Internazionali di Londra nel 1862 e di Parigi nel 1876, 1878 e 1889. Molti artisti ne erano rimasti colpiti e tra questi James McNeill Whistler, Edouard Manet, Felix Bracquemond, James Tissot, Edgar Degas e Mary Cassat.[1]
Nel 1895 Bertha frequenta la scuola di disegno all’Art Institute di Chicago dove in seguito insegna come assistente e fa parte del movimento Art and Craft molto famoso in quel periodo a Chicago. Alla fine degli anni 1890 lavora con l’artista di vetro piombato Anna Weston e alla scuola dell’illustratore e stampatore Frank Holme.[2]
L’interesse di Bertha per l’illustrazione è continuata per tutta la sua carriera; felicemente per lei, perché le è stato molto utile dopo la grande crisi del 1929.
Nel Censimento del 1900, quando Bertha dichiara di essere un’artista, ha 31 anni e vive in un appartamento in affitto a Duluth, Minnesota, con i genitori e il fratello più giovane Carleton.
Ritorna a Chicago a studiare disegno figurativo all’Art Institute dal novembre 1901 fino a marzo 1902. Dal primo periodo dei suoi studi c’era stato un gran cambiamento nell’insegnamento dell’Arte in seguito alla pubblicazione nel 1899 di un testo rivoluzionario di Arthur Wesley Dow 'Composition, A Series of Exercises Selected from a New System of Art Education’ .[3]
Nel 1902 l’insegnante di Bertha, Frank Holme, seguendo gli insegnamenti di Dow, prova ad incidere i blocchi di legno per una serie di xilografie basate sul disegno delle carte da gioco. Bertha, già affascinata dalle stampe giapponesi e catturata dal movimento Art and Craft, non rimane in disparte. Boats at Harbor (1900) [4], un acquarello, è una delle poche opere che restano di questo periodo.

GIAPPONE – IL PRIMO INCONTRO
Nel 1903 Bertha sposa l’avvocato Burt F. Lum di Minneapolis e lo convince, anche se non appassionato dell’Oriente, ad andare in viaggio di nozze in Giappone, dove rimangono sette settimane. Rimane affascinata dal Paese e dalla sua arte, tanto da ritornare più volte dopo questo primo viaggio anche per lunghi periodi.
Bertha è convinta di trovare molti artisti giapponesi, di poter vedere tanti disegni, di aver accesso a tutti gli strumenti necessari per il lavoro e invece riscontra che gli artisti sono pochi e vivono in disparte. Questo le permette di dire nel corso di un’intervista apparsa su Vogue (Aprile 1914) “Prima di andare in Giappone ero convinta che gli incisori fossero tanti quante le lanterne o i kimono”.
Quello che constata è che la vecchia arte di creare pitture ukiyo-e [5] è in declino; solo pochi artisti, che inoltre non lasciano visitare i loro laboratori, tramandano quest’arte.[6]
Al suo ritorno a Minneapolis con alcuni attrezzi comperati in Giappone, un colloquio con un esperto giapponese, ottenuto quasi per caso e poco prima di ripartire da Yokohama, il libro di Dow sottomano e qualche articolo di approfondimento raccolto qua e là comincia una produzione abbastanza sofisticata molto particolare che si ricollega ai soggetti giapponesi sia nella forma che nello stile dei migliori ukiyo-e come China Boy (1904) In the Garden (1904) The Home Coming, Chinese Mother e Theatre Street in Yokohama  tutti del 1905.
Nel 1907 Bertha torna in Giappone per circa tre mesi avendo preparato il suo soggiorno presumibilmente con Hiromichi Shugio che era stato negli Stati Uniti negli anni precedenti.
A Tokyo viene presentata a Toru Iwamura, un professore alla Scuola Imperiale d’Arte e apprende la tecnica del disegno preparatorio, e successivamente a Bonkotsu Igami, un bravissimo intagliatore di legno che vive in un quartiere povero lontano dal centro di Tokyo, e lì lavora per due mesi all’intaglio dei blocchi e alla stampa, con l’aiuto di due giovanissimi assistenti e il vigile controllo di Igami.
Si rende conto che la stampa è molto più difficile dell’incisione vera e propria.
Dopo questo viaggio i suoi lavori assumono una grazia ed un’originalità che diventano il suo marchio caratterizzante. Alcuni come Geisha Girls, con i bellissimi kimono, O Fuji San e Sisters, tutti del 1907, risentono molto dell’influenza giapponese.
Le opere immediatamente successive risentono anche delle storie raccontate da Lafcadio Hearn (1850-1904)[7]. L’ispirazione per Fox Women (1907) e The Fox Woman (1916) nasce sicuramente dal libro di Hearn “Ghost and Gooblins”.
Più tardi Bertha stessa riprenderà alcune di queste leggende nel suo libro “Gods, Goblins and Ghosts” (1922) e i suoi disegni inseriti nel libro saranno più espressivi nell’evocazione dei racconti.
Un altro soggetto di interesse per Bertha è la raffigurazione dei  paesaggi e soprattutto degli effetti del tempo e delle stagioni: i suoi lavori Wind and Rain (1908), Through the Night (1908) e Winter (1909) ne sono una chiara testimonianza. La delicatezza delle ombreggiature e le sfumature riescono a dare anche un taglio romantico come per Aoyagi (1907) e Pagoda (1909). Tra l’altro proprio in quest’ultima opera il fatto che Bertha, contrariamente alle tecniche giapponesi, non evidenzia alcuna linea di contorno dà un taglio che permette di non creare una profondità definita ma la visione di un mondo fantastico appena percepibile.
Nel dicembre 1911 Bertha torna in Giappone per la terza volta, accompagnata dalle figlie Catherine e Peter [8] e vi soggiorna per sei mesi.
Questa volta è lei che organizza e controlla il lavoro di diversi intagliatori e stampatori. Autografa i suoi lavori qualche volta anche in giapponese avendo appurato che il cognome Lum vuole dire “orchidea visionaria”.
La fama arriva con la Decima Esibizione Annuale d’Arte al Ueno Park di Tokyo, nel maggio 1912, dove sono esposte le sue opere che vengono giudicate la migliore produzione contemporanea fatta con i metodi giapponesi e per giunta a colori. Il fatto è eccezionale perché il riconoscimento non solo va ad uno straniero ma ad una donna.

I PRIMI SUCCESSI 1912 -1922
Da qui la sua fama continua a crescere. Alla fine del 1912 fa mostre personali all’Albert Roullier Gallery di Chicago dove espone tra le altre opere Pines by the Sea (1910) e alla Katz Gallery di New York. International Studio nel dicembre del 1912 le dedica un’ampia recensione con foto dei suoi lavori tra cui Bamboo Road (1912), Wind and Rain (1908) e Fishermen (1912). Di quel periodo sono i ritratti delle figlie Peter (1912) e My Children (1912), Land of the Bluebird (1912) dove piccoli spiritelli occhieggiano tra i rami dell’albero guardando il volo delle rondini, Snow Balls (1912) con il gioco dei bambini con le palle di neve, Temple Gate (1913) dove alcune persone sorprese dalla pioggia all’uscita del Tempio trovano riparo sotto ombrelli gialli e Tanabata (1912), in quest’ultimo Bertha ha creato non solo un immaginario ponte formato da uccelli ma anche una luce soffusa che parte da una lanterna e che si riflette irregolarmente nel fiume.
In "Illustrated Catalogue of Etchings by American Artists" di H.H.Tolerton, pubblicato da Albert Roullier’s Art Galleries di Chicago nel 1913 è inclusa tra gli artisti americani più noti con la biografia, una sua foto, quattro riproduzioni di woodprints e una lista di 32 opere.
Il momento più importante in quegli anni è stato partecipare a Panama-Pacific International Exposition a S.Francisco nel 1915. Questa Esposizione, la più grande rassegna d’arte organizzata in America comprendeva varie sezioni, quella dedicata agli artisti stampatori americani includeva 2.200 opere e, tra queste, le opere di incisione su legno sono state le più apprezzate dai giudici. Una delle quattro medaglie d’argento è stata assegnata a Bertha. La Mostra è durata quasi un anno e, subito dopo, le opere più significative, tra cui quelle di Bertha, sono state esposte, sempre a S. Francisco al Palace of Fine Art, suscitando ancora interesse e successo. I critici sia in America che all’estero cominciano ad interessarsi a lei, articoli vengono pubblicati su The Times di Londra, The Baltimora Times e Los Angeles Times. Alcune Gallerie di New York, San Francisco, Los Angeles, Chicago e Washington la ospitano con mostre personali.
E’ ancora in Giappone nel 1915 per un breve periodo.
Le sue opere spaziano prendendo spunti un po’ dappertutto ad Oriente come ad Occidente, e anche dalle figlie, che vengono ritratte in Magic Carpet (1912), in Cherry Blossom (1912) e in The Piper (1916) dove interpreta il mito dell’eroe giapponese Jizo.
Altre invece riprendono cerimonie tradizionali giapponesi senza alcun riferimento mitologico come nel caso di On the River (1912) Japanese Procession (1916) e Goblin Dance (1912).
Anche Boys and Kites (1912) con i bambini vestiti con colori vivaci ha questo taglio; mentre più sofisticato è Bamboo Road (1912) dove alcune donne in kimono si proteggono dalla neve con da grandi ombrelli.
Alcune opere fatte in questo periodo in California, dove non poteva contare su alcun aiuto nel suo lavoro, raggiungono la perfezione. E’ il caso di Frost (1918) straordinaria per la difficoltà di rendere luci e ombre che si notano sul terreno, sul tronco, sull’intreccio sottile dei rami e nel ghiaccio che li ricopre, pur con un solo colore base. Pure notevole è The Weaver (1918) un soggetto che riprenderà modificandolo nel 1930 in The Spinning Goddess. Il dettaglio del disegno unito alla sfumatura dei tanti colori ne ha fatto un capolavoro tanto da finire sulla copertina di Fortune nel luglio del 1933. Un altro esempio di ottima fattura è Point Lobos (1920).
Song of the Brooks (1916), Spirit of the Sea (1916) e Mother West Wind  (1918) per le linee sinuose, la posizione incurvata così aggraziata sono invece profondamente ispirate al Liberty ma sono altrettanto ispirate al maestro Harunobu.
Anche la storia dei Re Magi è stata resa con quel misto di Liberty e arte Orientale in The Three Wise Men (1920) e con la suggestione di essere in quella notte in quel deserto.
Nell’ottobre del 1917 la famiglia si trasferisce a San Francisco in Pacific Avenue.
Nel 1919 effettua il quinto viaggio in Giappone. Tra aprile e maggio è presente a Exibition of Etchings and Block Prints all’Art Institute di Chicago e poco dopo ad una mostra collettiva di 12 artisti alla Ehrich Print Gallery di New York. Anche nel 1920 partecipa a varie esposizioni a San Francisco e Los Angeles, nel 1921 a  American Wood-Block Prints of Today alla New York Public Library.

IL PRIMO PERIODO CINESE 1922 – 1929
Nel 1922 riparte con le figlie per il Giappone, ma arrivata a Yokohama, decide di proseguire il viaggio fino in Cina; durante l’estate sosta a Wei-hai-wei, una località sulla costa, poi si stabilisce a Pechino e rimane fino al 1924. Vuole approfondire lo studio dell’arte del woodprints che risulta essere differente da quella giapponese.
Qui infatti la stampa a colori non viene più usata, c’è invece una metodologia migliore per preparare le matrici di legno con risultati più soddisfacenti e gradevoli. Bertha può così aggiungere la sua esperienza nell’uso dei colori ottenendo degli ottimi risultati. Si veda Tan Shi Sou (1924) o Parrot (1922) anche se la datazione di quest’ultima non è certa, oppure Wedding Banners (1924) che immortala la processione nuziale dell’ultimo Imperatore da lei vista a Pechino. Nel caso di Chufu, Birthplace of Confucius (1924) Bertha mette a confronto la stampa con la matrice dalle linee fini della tradizione cinese con quella giapponese meno marcata. Sempre a Chufu disegna il Confucius Temple (1935), mentre è riferito ad un luogo sacro della Corea del Nord Diamond Mountains (1936).
Ma Bertha nelle sue incisioni cinesi sceglie anche scene di vita quotidiana o paesaggi come Washerwomen in the Western Hills (1924) o Lung Fu Ssu, Chinese Curio Market (1924), un mercato cittadino, o Wei-hai-wei (1922).[9]
Tornata in California nel 1924, continua la sua partecipazione ad Esposizioni, una alla fine del 1926 alla Graphic Art Division of The United States National Museum, Smithsonian di Washington.
Prima del suo successivo soggiorno in Cina, dove rimane dal 1927 al 1929, divorzia da Burt Lum, le figlie continuano a seguire i suoi spostamenti e per loro “Pechino è casa”.  
A Pechino Bertha viene incaricata di dipingere una Madonna per la cappella del Vicario del Vaticano. Lo fa mescolando leggende dell’Est con quelle dell’Ovest e raffigurando la Madonna come Stella Maris; Princess of the Stars (1929), una figura femminile con abiti fluttuanti, contornata da tante stelle una delle quali sembra essere il riferimento per tutte, è il disegno ispiratore, con uno stile che riprenderà in Kuan Yin (1934) la dea cinese della grazia.

LA GRANDE DEPRESSIONE
Nel 1929 è in America quando avviene il crollo della Borsa di New York e anche lei risente della crisi finanziaria, i suoi lucrosi guadagni del passato non sono più possibili. Vendendo i lavori già fatti riesce ad avere abbastanza denaro per tornare a Pechino con le figlie e ci rimane fino al 1931 quando fa ritorno in America: un lungo viaggio in nave con tappe a Java, Sumatra, Cambogia e Tailandia, spunto per altre opere significative. Nel 1933 è di nuovo in Cina, questa volta più al lungo, sempre a Pechino con le figlie dove rimane fino al 1939.
Pubblica il suo secondo libro Gangplanks to the East (1936) dove descrive e illustra fiabe raccolte un po’ in tutto l’Oriente.
Continua la sua produzione con pregevoli disegni come he King Passes (1930), Elephant Procession at Angkor Wat (1930), Javanese Dancers (1930), Javanese Girl (1930), Spinning Goddess (1930), Balinese Dancer (1933), Seated Javanese Dancer (1933), Her Majesty T’zu His and Princess Der Ling (1933) [10], Forbidden City (1933), Moon Gate (1936) dove raffigura i caratteri cinesi della longevità a sinistra e della felicità a destra, Temple of Heaven (1936), Chinese Funeral (1936) e Spider Woman (1936), quest’ultima come illustrazione di una storia mitologica giapponese raccontata dalla figlia Catherine su World Traveller nel 1928.
Altre pubblicazioni riguardano il Giappone, Pechino e la Cina, scritte intorno al 1930 1931 dalle figlie Peter e Catherine e illustrate  da Bertha: ad esempio le guide Japan, firmato Berll Lum, A Peiping Sojourn, entrambi pubblicati da “The Canadian-Pacific Railway” e Peiping and North China per “Grand Hotel des Wagons Lits, Peiping”.
Non si conoscono opere successive al 1937 da quando cioè i Giapponesi hanno preso il controllo della città di Pechino e le due figlie si sono sposate.
Dal 1939 al 1948 Bertha vive con Peter in America poi, tornata a Pechino, con Catherine fino al suo trasferimento in Italia nel 1951. Rimane a Pechino con Peter e il marito fino al 1953 per tornare poi con Catherine a Genova dove muore nel 1954.

NOTE
  1. In America, una sezione dedicata all’arte giapponese  al ‘Philadelphia Centennial Exibition’ nel 1876 aveva ottenuto un grande successo di pubblico. Nel 1893, altrettanto entusiastica accoglienza fu riservata all’esposizione Giapponese al ‘World Columbian Exposition’ (The Chicago World’s Fair) - dove tra l’altro era stata ricostruita una ‘Casa da the’.
  2. Holme si occupava di ‘illustrazioni di giornali, vignette, fumetti, illustrazioni per storie, ritratti, insegne decorative’
  3. Dow (1857-1922) era un giovane artista quando gli capitò per le mani un libro di Hokusai. In pochi mesi Dow stava già disquisendo delle teorie relative alla separazione delle arti pittoriche da quelle decorative definendo teorie nuove sulle linee, i colori e anche il notan (un termine giapponese che distingue le aree chiare da quelle scure). Fu lui stesso un incisore.
  4. E’ da notare che nei lavori di incisione le date, quando  riportate, possono variare anche nello stesso disegno perché sono riferite alla  stampa di quella tiratura. Questo per lo meno rientrava nello stile di Bertha; altri artisti, seguendo una prassi consolidata, mantenevano invece la data della prima stampa.
  5. Sono le incisioni su legno giapponesi fatte per celebrare il mondo fatuo dei piaceri transitori. Gli esponenti essendo stati Harunobu e Hokusai.
  6. Per il metodo tradizionale giapponese si comincia dipingendo il soggetto d’interesse su  carta con un sottile pennello inchiostrato. Quindi si pone il disegno capovolto su un pezzo di legno di ciliegio levigato e lucidato dello spessore di circa 2,5  cm. sul quale va fatto perfettamente aderire in modo da diventare trasparente eventualmente con l’ausilio di olio. A questo punto, con un coltello e un cesello, si incide il legno in corrispondenza delle linee. Si stende sulle parti incise un pigmento di polvere nero e quindi una pastella per fissarlo.  Si adagia sopra un pezzo inumidito di carta bianca e lo si fa aderire con un tampone coperto con una foglia di bamboo. In questo modo si ottiene un’esatta riproduzione del disegno originale. Questo rappresenta la matrice. Il disegno cosi ottenuto va posizionato sul rovescio del pezzo di legno e si ripetono le stesse procedure ma questa volta intagliando solo quelle porzioni che nella versione finale del disegno hanno lo stesso colore. Si riproducono quindi dalla matrice ulteriori  copie del disegno, pari al numero dei colori che si intende usare; anche 10 o 12, e si ripete lo stesso procedimento per ogni colore, su altrettanti pezzi di legno usando sia il verso che il retro. Il passaggio successivo di uno stesso  foglio di carta sui diversi pezzi di legno produrrà il disegno con tutti i colori desiderati.
  7. Un europeo nato in Grecia, vissuto in Irlanda diventato poi cittadino giapponese che ha sposato la figlia di un samurai. Professore all’Università Imperiale di Tokyo ha scritto una serie di libri che raccontano fiabe e altre leggende orientali diventate opere classiche nel mondo occidentale.
  8. Eleanor Lum, cosi si chiamava Peter alla nascita, ha portato per tutta la vita questo soprannome perché Catherine, alla quale piaceva la storia di Peter Pan, l’aveva chiamata cosi.
  9. Si racconta un aneddoto durante la permanenza in Cina. Avendo saputo di una vecchia profezia secondo la quale la “capitale dell’Est” sarebbe stata distrutta da un terremoto Bertha  si allontanò da Pechino con le figlie e tutto il corredo di lavoro, per salvare se stessa e tutto il suo lavoro, avendo individuato in Pechino questa capitale. Il terremoto in effetti avvenne nel Febbraio 1924 ma non distrusse Pechino bensì Tokyo e con la città anche il grosso del suo patrimonio artistico che aveva lasciato presso un vecchio artigiano perito anche lui durante il terremoto.
  10. La Principessa Der Ling scrive diversi libri nelle quali Bertha ha inserito i suoi disegni. Questo in particolare è nel libro Imperial Incense N.Y.
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